domenica 30 ottobre 2011

22-23/10/2011 Due giorni al bivacco Flav.. Pozzol (Brenta)

1^ parte "Cosa portare in bivacco malga flavona"

Dopo 100 e passa e-mail di organizzazione.
Dopo laboriose ricerche semantiche (pu seme che mantiche :P) su google.
Dopo baratti di sacchi a pelo.
Dopo aver gustato il caffè in uno dei peggiori bar della val di Non.
Dopo aver fatto la coda nella "botega del paes".
Dopo aver stipato panettone, salatini, pacharan e grappe varie negli zaini.
Dopo aver assistito a imbarazzanti sfilate di sgargiante abbigliamento tecnico.
Eccoci finalmente pronti a partire dal parcheggio nei pressi del lago di Tovel (1179m).
Sotto il peso di un mastodontico zaino c'incamminiamo lungo la strada forestale; il cielo è terso e i colori autunnali tingono di caldi colori la catena settentrionale del Brenta.
Risaliamo la valle di Santa Maria Flavona e nei pressi del ponte del Rio Tresenga (1560 m) la neve, che prima era presente a macchia di leopardo, comincia a ricoprire costantemente la strada.
A malga Pozzol (1632 m) ci fermiamo a pranzare.
Giusto per... controlliamo quanti posti ha e com'è l'interno del piccolo bivacco (non si sa mai..).
Sfruttiamo gli ultimi raggi di sole e poi c'inoltriamo nell'angusta valletta che risale all'alpe di Flavona.
Come per magia si passa dall'autunno all'inverno: la neve è ancora attaccata agli alberi e la temperatura precipita, ma il paesaggio è davvero fiabesco. Lungo il sentiero incontriamo quattro signori che ci dicono che il bivacco è già occupato, con qualche perplessità proviamo ad andare a sondare la situazione.
Ci alziamo godendoci il panorama sul Corno di Flavona e la bocchetta dei Tre Sassi fino a che non sbuchiamo sull'alpe di Flavona.
Giunti a malga Flavona (1858 m) prendiamo atto che il bivacco è occupato da tre signori, tra cui, voci di corridoio dicono, un prete.. segue un'ignuz consulta e da buoni "orsi" trentini mandiamo come ambasciatore - mediatore il "catalano", altra consulta e poi, nonostante ci sia posto anche per noi, si decide di andare a malga Pozzol per essere più liberi nell'esprimere la nostra esuberanza (leggesi "a sparar minchiate!").
Ritorniamo sui nostri passi, Max e Claudio vanno in avanscoperta, io e Elisa dietro a far foto, poi arrivano Xavi, Linda e Flavio. Stiamo quasi per arrivare alla Pozzol, sto parlando con Elisa quando vedo Claudio che gesticola e con flemma proclama "Anche questo bivacco è già occupato".. cosa è successo? I "soliti" quattro signori hanno bloccato un altro gruppo di quattro ragazzi avvertendoli che il bivacco Flavona era occupato e quindi quest'ultimi si sono fermati qui.
Riparte la contrattazione e la negoziazione portata avanti dal buon Xavi, la situazione è di stallo, ma alla fine i quattro, seppur mal volentieri, ci lasciano il posto e se ne vanno alla Flavona così, dopo dubbi e incertezze, prendiamo finalmente possesso della Pozzol.

2^ parte "come evitare di restare intossicati a malga pozzol"

L'umidità e l'odor di affumicato sono imperanti e penetranti, bastano pochi minuti e già ci sembra di essere sette speck con le gambe.
Proviamo ad accendere sia il caminetto che la cucina economica.. da quest'ultima però continua a uscire fumo quindi ben presto abbandoniamo i tentativi, il camino invece pare (sottolineo pare) funzionare bene.
Cominciamo a sistemare le nostre cose quando notiamo una "leggera" nebbia, ci accorgiamo che probabilmente il camino è difettoso e il fumo ritorna parzialmente indietro.
Chiudi la porta apri la finestra, apri la porta chiudi la finestra,chiudi tutto, apri tutto, alterna, targhe pari e targhe dispari.. la situazione a tratti migliora e a tratti peggiora.
Ci prepariamo a cenare, ognuno con le proprie "sane" zuppe di glutammato D.O.C. Finito il primo pasto, la situazione degenera: gli occhi bruciano e lacrimano, quindi si decide di spegnere il fuoco, chiudere le porte e di vestirsi pesantemente.
Il nostro stato di "speckosità" è ai massimi livelli. Vuoi per il poco ossigeno, vuoi per il fumo, mi sembra di vedere il sig. Senfter scrutarci dalla finestra, ascia e coltello alla mano, pregustando il bottino! Ma cavoli.. non è un miraggio, là fuori c'è davvero una persona che brandisce un'ascia, non saremo mica all' Overlook hotel? "Wendy, sono a casa amore!" Il losco figuro si rivela infine essere uno dei "ritirati" dal bivacco che è venuto a prendere l'ascia perché quella della Flavona è rotta.
Finito di cenare ci stringiamo sulla grande tavola e cominciamo a giocare a dadi ingurgitando altre cose salutari: salatini, mix salato di frutta secca, pandoro, infusi vari, grappa alla menta e il mitico Pacharan, il liquore spagnolo all'anice.
Ci scaldiamo con le fiamme dei fornelletti a gas, la temperatura si aggira attorno ai 7-8°.
Si gioca e ci si diverte, poi verso mezzanotte, si va in soppalco. Qui di gradi ce ne sono 2°.
Entriamo nei sacchi a pelo, ancora quattro chiacchiere e poi uno dopo l'altro ci addormentiamo. Buonanotte.

Mi risveglio all'alba con il "dolce" rombo di un auto seguito da un concitato vociare: cacciatori. Man a mano ci svegliamo tutti e scendiamo in cucina.
Fuori sono - 3°, dentro 5-6°, ma, vista l'esperienza della sera precedente, di accendere il fuoco non se ne parla. Facciamo colazione, riempiamo gli zaini, puliamo il bivacco e siamo pronti per partire, ancora una volta verso Malga Flavona.
Ripercorriamo l'ormai famigliare valletta invernale e ci fermiamo un bel po' alla Flavona dove un bel sole ci riscalda l'animo e le ossa. Qui ritroviamo tutti i nostri mancati compagni di bivacco.
Finita l'appagante siesta c'incamminiamo lungo il sentiero che lambisce le pareti occidentali della cima di Valscura. In fila indiana ci facciamo strada tra i mughi dove, nei pressi di alcuni massi, decidiamo di fermarci a pranzare.
Fra servizi fotografici (più o meno voluti) e minchiate varie il tempo passa veloce e quindi ci rimettiamo in cammino, giunti al bivio della Val Scura (1889 m) caliamo lungo il sentiero 369.
In questa meravigliosa pecceta vestita d'inverno ci lasciamo andare lungo il sentiero ammantato dalla neve.
Infine giungiamo al ponte Tresenga e da qui per la forestale dell'andata ritorniamo al lago.
E' un incedere un po' malinconico il nostro perché sappiamo che anche questo bel weekend sta per concludersi.
L'indomani ognuno ritornerà al lavoro con, chi più chi meno, il proprio carico d'insoddisfazione, di scadenze e di stress.
L'indomani si tornerà nel grigiore della pianura, nel traffico della città e ai problemi della crisi.
Ma il solo pensare che a pochi chilometri da casa ci sono luoghi così incantati dove potersi rifugiare con dei buoni amici è già un'ottima cosa .

..inverno..?
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Nebbie
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Foto di gruppo ai sopravvissuti a malga Pozzol
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Eli e il Corno di Flavona
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La catena settentrionale
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Altra foto di gruppo, questa volta a Malga Flavona
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venerdì 28 ottobre 2011

Hi Bear!

Eccoli qui.... due passaggi di orsi (il secondo la mamma con il cucciolo) nell'arco di pochissimi minuti in Brenta meridionale!

15/10/2011 Magie autunnali a Forcella Moregna (Lagorai di Fiemme)

Oggi ho ritrovato un vecchio amico, sto parlando del Lagorai!
Con Claudio e Flavio partiamo alla volta della val di Fiemme e, giunti a Predazzo, imbocchiamo la strada sterrata che porta a Malga Valmaggiore (1620 m).
L'alpe è immersa nella brina, sono - 3° e il sole è ancora nascosto dalle scure cime del Lagorai.
Bardati di tutto punto prendiamo il sentiero 335 che, ricalcando un tracciato militare, sale alla forcella di Valmaggiore.
Seguiamo il valloncello attraversando una fitta pecceta; usciti dal bosco incontriamo un macereto con rododendri e qui, fra i massi, c'è un piccolo specchio d'acqua, il laghetto di Valmaggiore, imprigionato dal gelo.
Nel frattempo il sole buca le creste dei monti, i raggi colpiscono un gruppetto di larici che s'infiammano e tutto questo rifulgere si riflette sul ghiaccio del piccolo lago. Estasi.
Da una catasta raccogliamo un po' di legna per il bivacco e poi affrontiamo l'ultima rampa.
Il sole finalmente ci scalda le membra.
Valichiamo la forcella Valmaggiore e proseguiamo verso il bel bivacco Paolo e Nicola (2180 m). La vista si apre sul versante meridionale del Lagorai, all'orizzonte, avvolte dalle nebbie della pianura, le Vette Feltrine.
La mia insaziabile curiosità mi spinge avanti, voglio vedere di più .. ecco Cima d'Asta.. e poi la meraviglia inaspettata.. sotto di noi si apre la val Fossernica! Che vista sublime! In questa selvaggia valle, racchiusa da cima Paradisi, fanno sfoggio alcuni specchi d'acqua contornati da larici color fuoco.
Beviamo del the caldo, ma il vento non ci da tregua e riprendiamo ben presto il nostro giro. Ritorniamo alla forcella Valmaggiore e prendiamo il sentiero 349 che ripercorre una mulattiera di guerra. Sempre con bella vista su Latemar e Rosengarten, tagliamo le pendici di cima di Valmaggiore e giungiamo a una selletta che la collega al Dos Caligher.
Salutati momentaneamente Cima Cece e il suo Campanile, giriamo versante e percorriamo la testata dell'idilliaca Valbona.
Lungo il sentiero troviamo un po' di neve e ghiaccio, ma proseguiamo senza problemi fin sotto cima Moregna; qui, anziché scendere alla malga, imbocchiamo la traccia che conduce all'omonima forcella.
In un pianoro invaso da resti di trincee pranziamo riparati dal vento. Flavio parte alla conquista di uno degli speroni rocciosi che formano la frastagliata cima di Valbona.
Finito di pranzare saliamo alla forcella Moregna (2397 m) che si apre fra il Coltorondo e cima Moregna.
Giunti al valico si apre un nuovo mondo: l'attenzione è subito catturata dal blu del lago Brutto, che a dispetto del nome è bellissimo, e dal sottostante lago delle Trote. A occidente si stagliano tutti i colossi del Trentino Alto Adige: Presanella Cevedale, Ortles & co.
Costeggiamo il lago Brutto (2207 m) e, tra grossi massi di porfido puntellati da licheni color verde brillante, percorriamo la testata della val Pozze in fondo alla quale occhieggia Predazzo sovrastato dai rocciosi pinnacoli del Latemar. Giriamo nuovamente costone ed ecco il lago Moregna e l'omonima malga (2081 m). Attraversiamo un rosso lariceto con bucoliche vedute sul Rosengarten e Marmolada e scendiamo in riva al lago.
Da questo, per mulattiera, percorriamo la Busa degli Slavaci e ritorniamo celermente a malga Valmaggiore.
E proprio vero "Chi (ri)trova un amico trova un tesoro".

Riflessi
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Val Fossernica
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Bivacco Paolo e Nicola e Latemar
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Valmaggiore
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Flavio e Latemar
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Alle pendici di Cima Moregna
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Forcella Moregna
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Uno sguardo verso occidente
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Lago Brutto
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Uno sguardo verso Predazzo
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Cima Cece
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Riflessi
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Ampie vedute

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Forever autumn
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giovedì 27 ottobre 2011

08/10/2011 Camminando in val Concei: Cima Caret e Cima Parì (Alpi di Ledro)

Come ogni anno è giunto il momento di fare una puntatina nelle alpi di Ledro; siamo io, Claudio, Flavio e Max.
Parcheggiamo l'auto lungo la strada che porta a malga Trat (dove il famoso dado è stato trat..), sono 5° gradi e finalmente si respira l'aria frizzante dell'autunno.
Risaliamo la strada e nei pressi della malga (1502 m) imbocchiamo una stradina forestale che ci porta a uno slargo con un abbeveratoio. Lungo il sentiero incrociamo numerosi cacciatori con segugi al seguito il che significa che non incontreremo fauna.
Qui termina anche la strada e inizia il sentiero vero e proprio che taglia il costone occidentale del Dosso di Seaoi in direzione sud.
Alle nostre spalle si apre la meravigliosa cerchia di monti che racchiudono la val Concei: mi immagino questa valle nel periodo glaciale quando il ghiaccio copriva tutto fino a 1700-1800 metri lasciando emergere solo le cime, isole in mezzo al gelo!
Giungiamo a una forcella (1820 m) dove appare la nostra meta: Cima Parì. Beviamo un po' di the caldo e poi decidiamo di fare una piccola deviazione, proseguiamo in cresta e per trincee conquistiamo Cima Caret.
Poi scendiamo per ripidissimi prati a malga Saval (1744 m) e da questa imbocchiamo il sentiero che sale alla nostra cima.
Attraversiamo una fascia di mughi e ontani all'ombra e poi giriamo sulla dorsale baciata dal sole, spettacolare è il colpo d'occhio sul turchese lago di Ledro e sulla parte meridionale del lago di Garda.. e là in fondo.. le nebbie della pianura e oltre gli Appennini.
Ed ecco che arriva anche l'annunciato vento, ma fortunatamente non è poi così fastidioso.
Ultimi metri e siamo sulla panoramicissima Cima Parì (1991 m).
Da questa si diparte la sinuosa cresta che digrada, passando dalle già "conquistate" Cime Rocchetta e Cima Capi, fino al lago di Garda.
Ci godiamo la cima per molto tempo poi scendiamo fino alla Bocca di Savàl (1740 m) dove prendiamo il sentiero 413 che coincide con il Sentiero della Pace. Il tratto trentino di questo percorso si snoda per oltre 450 chilometri di sentieri, mulattiere, camminamenti e trincee che, ripercorrendo la linea del fronte della Grande Guerra, congiungono lo Stelvio alla Marmolada. Nei pressi della Bocca ci sono i resti di un ex comando di battaglione con ospedale e dei depositi munizioni, ovunque attorno a noi ci sono i segni e le cicatrici della Prima Guerra Mondiale.
Percorriamo a mezza costa i ripidi pendii erbosi del versante orientale dei Dossi dei Seaoi e da Trat, più in basso c'è l'alpe di malga Grassi; sui monti non molto lontani da noi si stanno scaricando rovesci nevosi.
Usciti dalla faggeta la vista si apre sulle frastagliate rocce della Mazza di Pichea, la conformazione di questa parete è spettacolare: sembra un castello formato da un susseguirsi di torri e guglie.
Ben presto giungiamo al rifugio Nino Pernici (1600 m) dove ci fermiamo a bere un caffè e a parlare con l'affabile gestore. Questo accogliente rifugio venne inaugurato nel 1929 sui ruderi di alcune baracche risalenti alla Grande Guerra. Nel frattempo, per la gioia di Flavio, comincia a cadere qualche fiocco di neve portato dal vento.
Bevuto il caffè salutiamo il gestore e, accompagnati dal volo dell'aquila, ritorniamo all'auto.

Malga Saval
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Flavio con alle spalle il Cadria, sullo sfondo le propaggini meridionali dell'Adamello con tanto di Cornone di Blumone
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Carè Alto
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Il lago di Garda, le nebbie della pianura e l'Appennino
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Le creste occidentali della val Concei
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Foto di vetta
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Rifugio Nino Pernici
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I pinnacoli della Mazza di Pichea
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mercoledì 19 ottobre 2011

01-02/10/2011 Un sogno divenuto realtà: ferrata delle Bocchette Centrali (Brenta)

Approfittando dell'infinita estate e dell'apertura prolungata dei rifugi decidiamo di farci un bel weekend in quota e affrontare la mitica ferrata delle Bocchette Centrali.

La meravigliosa due giorni inizia con la mia celebre frase: "Ah dai.. al parcheggio ci saranno 15 macchine!". Arriviamo a Vallesinella (1513 m) e troviamo a malapena un posto, peggio che ad agosto!
Ci carichiamo i pesanti zaini sulle spalle e c'incamminiamo con tutta calma lungo il Sentiero delle Cascate, nonostante la ressa di auto superiamo le cascate in solitudine, facciamo una tappa a malga Vallesinella alta dove incontriamo un gruppo di giovani, e poi, ancora in solitudine, lungo il Sentiero dell'Orso fino al rifugio Casinei (1825 m).
E' una giornata tersa: la Presanella e le cime che digradano verso passo Campo Carlo Magno si stagliano di fronte a noi, nonostante la copiosa nevicata di metà settembre, desolatamente spoglie.
Solo alcuni rami di larice mostrano timidamente i primi colori d'autunno, mentre la maggior parte dei boschi è ancora verde.
Pranziamo e poi decidiamo di percorrere, anziché il classico sentiero Bogani, il meno frequentato sentiero Violi.
C'inoltriamo in un bel lariceto, attraversiamo una radura e la vista comincia a spaziare sull'anfiteatro di cime che corona la val Brenta. Ammirando il Crozzon faccio mie le parole dell'alpinista inglese D.W. Freshfield "Proprio al centro di tanta bellezza, imponente di fronte a noi si ergeva una roccia colossale, uno dei più prodigiosi monumenti delle forze della natura".
Ci godiamo in completa solitudine questi luoghi. Ben presto il sentiero s'insinua in una fitta mugheta che aumenta ancor di più la sensazione di calore, di tanto in tanto sotto di noi s'apre qualche canalone che precipita nel fondovalle, superiamo un tratto attrezzato con cordino e finalmente giriamo verso la testata della valle.
Trecento metri sopra di noi, su di un terrazzo roccioso si staglia il rifugio Maria e Alberto ai Brentei (2182 m) dove pernotteremo.
Qui pronuncio la seconda frase famosa "Secondo me è mezzo vuoto!".. e invece rifugio al completo!!! Anche e soprattutto perché, nonostante l'adesione alla manifestazione "Autunno nei rifugi", l'Alimonta e il Pedrotti sono chiusi.
Sistemiamo le nostre cose in camera e poi andiamo a goderci il tepore del tardo pomeriggio all'aria aperta.
Il Canalone Neri, rispetto a quando siamo stati qui a fine luglio, è messo male.
Giochiamo a dadi fino a che tramonta il sole poi ci sistemiamo nel salone del rifugio.
Mentre il cielo dietro alla Presanella s'accende iniziamo a cenare.
Ci fanno compagnia due signore tedesche un po' alticce.. così tra "bean & nudeln" e doppie pere al teroldego (sob!) passa presto anche l'ora di cena. Ancora due tiri con i dadi e poi alle 10 in branda.

Alle 6.30 ci svegliamo e ci fiondiamo a fare colazione, i primi raggi di sole illuminano le verticali pareti della Tosa e del Crozzon.
Saldiamo il conto e poi c'incamminiamo lungo il sentiero 318; oltrepassiamo la chiesetta del Brentei e risaliamo a mezza costa l'alta val Brenta. Attraversiamo la vedretta di Bocca di Brenta e saliamo il balzo roccioso che ci porta all'attacco delle Centrali; rispetto a fine luglio il ripido nevaio che porta alla bocca è quasi del tutto sparito.
Lasciamo passare un po' di gente e poi via ..all'arrembaggio!
La mente fa un salto nel passato, a quando una decina di anni fa, guardando terrorizzata le foto delle Bocchette Centrali, affermavo: "Mai e poi mai mi vedranno calcare quelle vie" e oggi sono qui.
Superiamo un salto di roccia tramite una scaletta e poi c'immettiamo su una panoramica cengia esposta, a tratti bisogna procedere piegati sulle gambe e la larghezza non supera i 40 centimetri. Superiamo qualche "ponte" e aggiriamo il lato ovest della Brenta Alta. Di fronte a noi.. sua maestà il Basso! La via normale è invasa dagli scalatori.
Saliamo una scaletta e poi proseguiamo, con facile arrampicata, su rocce non attrezzate.
Scendiamo in una fenditura racchiusa tra la Brenta Alta e il Campanile Basso e, per tratti attrezzati, caliamo alla bocchetta del Campanil Basso; qui termina il tratto del sentiero dedicato a Otto Gottstein e inizia quello dedicato a Arturo Castelli.
Ci troviamo ora sul versante orientale, ai nostri piedi s'apre la Busa degli Sfulmini e più sotto si snoda l'esile traccia del sentiero Orsi che abbiamo percorso due mesi fa.
Dalla bocchetta saliamo per facili gradoni fino a una spalla alla base della Sentinella, qui facciamo una breve pausa con bella veduta sul Crozzon e sul Basso; ora le nebbie ammantano le pareti di quest'ultimo donandogli ancor più fierezza.
Percorriamo l'intera parete est del Campanile Alto e imbocchiamo il sentiero Carla Benini de Stanchina che prosegue sotto le Punte degli Sfulmini fino alla Torre di Brenta. Qui inizia il sentiero Bartolomeo Figari che esordisce con la famosa cengia orizzontale a "ferro di cavallo", il simbolo delle Centrali.
Nonostante l'affollamento del rifugio solo in questo tratto incontriamo un cospicuo numero di persone, lasciamo passare un po' di gente e poi percorriamo la cengia, sotto di noi 500 metri di salto! Adrenalinico!
Ancora un po' di sali e scendi su rocce, altra cengia e, dando l'ultimo sguardo d'addio al Basso, giriamo sul versante settentrionale di Torre di Brenta.
Siamo quasi alla fine: ultima cengia e poi affrontiamo una breve e area crestina e grazie all'ausilio di una serie di scalette mettiamo piede sulla Bocca degli Armi (2749 m).
Riposiamo po' e poi caliamo lungo la vedretta degli Sfulmini e in poco tempo siamo al rifugio Alimonta (2580 m) dove, con un magnifico panorama sul gruppo Adamello - Presanella, pranziamo.
Finalmente ci rilassiamo e ci godiamo questo, fin troppo caldo, sole ottobrino.
Finito di pranzare aggiriamo i Gemelli e scendiamo stancamente verso il rifugio Brentei e da questo prendiamo l'affollato sentiero Bogani che, via Casinei, ci riporta a Vallesinella.
Arrivo all'auto sfatta dal caldo e dal peso dello zaino, ma soddisfatta di aver finalmente portato a termine questo obiettivo.

Val Brenta Alta
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Soccorso alpino sulle pareti del Basso
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Tramonto su Presanella
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Alba
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L'ombra degli Sfulmini
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Bocchette Centrali
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Verso la Bocca degli Armi
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Nei pressi del rifugio Alimonta
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Lungo il sentiero Bogani verso la sella del Fridolin
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