giovedì 31 maggio 2012

31/05/2012 Ultima gita alle Braña de Sousas

Ultimo giorno in quel di Somiedo, abbiamo scelto quindi un'escursione corta e vicina a casa: il sentiero delle Braña de Sousas.
La gita ha inizio a Valle de Lago, attraversiamo il rio e passiamo vicino alla chiesa.
In compagnia di due cavalli, risaliamo una stradina che si snoda tra prati e boschi di noccioli, castagni, querce e faggi.
Ben presto giungiamo su un piccolo altopiano, El Sierru, la strada gira ora dietro il monte e la vista si apre sulla splendida valle ricoperta di faggi che sale dal Coto de Buenamadre e sul curioso sperone roccioso di El Castiellu.
Proseguiamo sempre su comoda, e fortunatamente ombrosa, strada; superiamo la casa El Bayu e approdiamo alle Braña de Sousas. Queste capanne sono protette da una morena e sono situate in fondo al circo glaciale del lato ovest della Peña Llana (Llagüezos), molto bella è la vista sulla Pena el Muñon. A differenza di quelle di Mumian, queste capanne hanno il tetto di pietra e lastre.
Attirati dall'ombra di alcuni cespugli, guadiamo il rio Sousas e ci piazziamo al fresco. Sto iniziando a mangiare quando mi accorgo che una zecca mi sta camminando sulla mano, poi guardo i pantaloni e il cappellino.. argh sono pieni! Ci diamo alla fuga immediata.
Dopo esserci sbarazzati dei maledetti parassiti andiamo a sbinocolare vicino alle casupole: avvistiamo i "soliti" camosci e alcuni grifoni.
Il sole è ancora alto, altissimo, ma c'è da preparare la valigia e quindi ritorniamo a valle per la stessa via dell'andata.

Pensavamo di andare a sbinocolare chissà dove, ma alla fine abbiamo preferito stare comodamente seduti nel giardino della "nostra" amata dimora: osservare camosci e una volpe sorseggiando una birra non ha prezzo!


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La nostra casetta
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mercoledì 30 maggio 2012

30/05/2012 In compagnia di un lupo sulla cima più alta di Somiedo: El Cornon

Eccoci alla seconda gitona della settimana:, meta El Cornon, la cima più alta del parco.
Iniziamo il cammino dal paesino di Santa Maria nei pressi del Puertu di Somiedo, dove una miriade di balestrucci ci danno il benvenuto.
Proseguiamo su una strada bianca chiusa al traffico e a un bivio giriamo a sinistra attraversando il Rio Bayo.
All'improvviso sentiamo degli schiamazzi, non siamo più abituati ai rumori molesti! Arriva un gruppetto di persone che ci supera e va oltre. Procediamo lungo il sentiero che percorre la Veiga Cimera, quand' ecco che incontriamo un bel po' di vacche, solo che tra queste ci sta pure un grosso toro! Perplessi sul da farsi, ecco che ci raggiunge un altro chiassoso gruppo di persone, approfittiamo della massa e superiamo il toro.
C'è gente ovunque, ma per fortuna come appare scompare e ritorna la pace.
Ora il sentiero comincia a inerpicarsi sul versante nord orientale del Miru la Piedra, costone ricoperto da erica violacea e da gialle ginestre, tra gli arbusti fa capolino un uomo a dorso di mulo.. altro che quad!
Giungiamo a un valico con vista sulla dirimpettaia Pena Penouta e l'omonima valle sottostante.
Proseguiamo lungo un sentiero che perde un po' quota e attraversa piccole radure, alla nostra sinistra si stagliano le creste de L'Altu Prefustes, sulla destra il Miro Malu. Sulla pista rinveniamo una fatta di lupo con peli di cinghiale.
Raggiungiamo un altro valico con vista sul nostro Picu del Cornón: mii.. è ancora lontano!
Max vede all'orizzonte una cicogna solcare il cielo.
Ora siamo sulle Mozarras, un altopiano di silicio tappezzato di ginepri e mirtilli e solcato da numerosi corsi d'acqua, piccoli laghetti e qualche nevaio. Qui i soliti segnali spariscono quindi proseguiamo un po' a casaccio con lo sguardo puntato sulla nostra meta e sulle vicine Peña Blanca e El Fontanón.
Finalmente ritroviamo il sentiero ufficiale ed eccoci alla base del Cornon. Anziché prendere il sentiero che sale diritto in cima, prendiamo la via di cresta ed in men che non si dica eccoci sui 2188 metri del Cornon, sul confine tra Leon e Asturie, con splendida vista sulla Cordillera Cantabrica e su innumerevoli valli e convalli.
Ci sono moltissime mosche e moscerini e per questo motivo, a momenti, la vetta si riempie di nuvole di rondoni a caccia.
La giornata è tersa, siamo soli e ci stravacchiamo a contemplare il tutto.
Claudio sbinocola a destra e a manca e individua qualche camoscio che prende fresco su alcuni nevai della valle del Riu Cornon, li osservo anch'io, poi mi sposto pian piano sulla destra finché non giungo su un altro nevaio e.. flash.. vedo un animale sdraiato sulla neve.. non è un camoscio..e qui scatta la mia famosa frase "Non per creare falso allarmismo, ma quello NON è un camoscio.. mi sa che è un lupo" e infatti LUPO fu!!! Mucha mucha mucha suerte!
Max riesce a intercettarlo, Claudio purtroppo no.
Ha la pelliccia molto scura, quasi subito si alza (ci avrà sentito anche se eravamo così distanti?), attraversa un ghiaione, un altro nevaio e sparisce fra i massi mettendo in allarme un paio di camosci.
Un lupo!!!! Se vedere l'orso è stato un colpo di fortuna, questo è stato un miracolo!
Che incontro emozionante!
Con un grifone che ci gira a pochi metri dalla testa continuiamo imperterriti a sbinocolare con la speranza di rivederlo e farlo vedere al Claudio.
Ma niente, sparito come un fantasma.
Dopo due ore di sosta decidiamo, seppur a malincuore, di rimetterci in marcia.
Riscendiamo dal Cornon e questa volta prendiamo il sentiero corretto, quello che percorre la dorsale con vista sulla valle di Almozarra.
Dopo un'altra piccola sosta ripercorriamo le vallette attraversate all'andata. Sto sbinocolando verso la Pena Penouta quando un movimento sul pianoro sottostante attira la mia attenzione, è una volpe che si aggira fra i cespugli, ci fermiamo ad osservarla zizzagare per un bel po'.
Ritorniamo poi al valico sul Miru La Piedra, non prima di aver avvistato anche un capovaccaio e un'albanella minore.
Percorriamo stancamente l'ultimo tratto di sentiero nel fondovalle e giungiamo a Santa Maria accaldati e bruciacchiati dal sole, ma soddisfatti su tutti i fronti.

Ogni cima che raggiungi non è altro che una tappa intermedia” Seneca


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lunedì 28 maggio 2012

28/05/2012 Traversata dalle Valle del Lago ai Laghi di Saliencia

Quest'oggi c'incamminiamo direttamente da casa, vorremmo partire ad un ora più consona, ma i negozi spagnoli aprono alle 9.30 quindi, tra una cosa e l'altra, non riusciamo a metterci in marcia prima delle 10.30.
Scendiamo per la stradina che il primo giorno, all'una di notte, ci siamo fatti carichi di valige (rototon ton ton) ed eccoci all'inizio ufficiale del sentiero della Valle del Lago.
C'incamminiamo lungo la comoda strada che percorre il fondovalle occupato da pascoli e boschetti, il nostro incedere è accompagno dal gorgoglio del rio del Valle. Visto il sole a picco decidiamo di percorrere la via più ombrosa e imbocchiamo il sentiero che si snoda nella faggeta sulla sinistra orografica della valle. Saliamo costantemente fino a giungere al muro di contenimento del Lago della Valle (1585 m).
Questo lago, conosciuto anche con il nome Lago del Ajo, con i suoi 24 ettari di superficie è il più grande delle Asturie ed è "controllato" dalla centrale idroelettrica de La Malva. Esso si trova ai piedi di un bellissimo circo glaciale, indizio che nelle epoche passate qui vi doveva essere un ghiacciaio che si estendeva per tutta la valle conferendole poi la tipica forma a U.
In compagnia delle onnipresenti vacche ci sediamo sul muretto della diga e mangiamo qualcosina; poi ci dirigiamo verso la Cabana de Cobrana e poco prima cominciamo a tagliare verso l'alto in cerca del sentiero. La segnaletica è assai carente.
Finalmente intercettiamo la giusta via e risaliamo verso un valico. Il verde prato a bordo lago è invaso dai camosci, ma anche il versante che stiamo percorrendo pullula di branchi.
Giungiamo a un valico e, mentre alle nostre spalle si apre tutta la valle del Lago con il suo gioiello turchese, di fronte a noi si dischiude un vasto e lunare altopiano carsico, il "deserto dei Tartari": doline, dossi, doline, dossi... sembra di essere affacciati su uno dei nostri altopiani dolomiti.
Proseguiamo fino alla casupola Mda d'el Coutu circondata da verdi praterie brulicanti camosci, i segnavia stanno diventando sempre più radi e l'ambiente aspro rende difficile l'orientamento.
Risaliamo, un po' seguendo il sentiero, un po' a casaccio, verso il Picu del Valle Calabazoso dove la vista si dischiude su un altro esteso altopiano. Studiamo la carta e le guide, il cielo si sta ricoprendo di nubi, non siamo ancora al giro di boa e da questa posizione non vediamo nemmeno uno dei laghi di Saliencia. Decidiamo comunque di proseguire e di seguire una traccia gps che fortunatamente avevo scaricato da un sito internet prima di partire.
Seguiamo il percorso di cresta dove troviamo una fatta di lupo.
Il paesaggio è tanto bello quanto desolato. Iniziamo a seguire tracce di sentieri, superiamo vallette, attraversiamo nevai, saliamo dossi e scendiamo doline. Di tanto in tanto ci fermiamo a correggere la rotta. Dei laghi manco l'ombra.
Proseguiamo, tre piccoli uomini in cerca della retta via.
Camminiamo da ore e ce ne aspettano altrettante, psicologicamente è abbastanza devastante.
Ma nel momento di maggior scoramento ecccccolo: il lago Calabazosa (1657 m), conosciuto anche come Lago Negro, con vicino una bella torbiera e una capanna, la Mda Calabazosa.
Sospiro di sollievo.
Ci caliamo alla bene e meglio dal monte e andiamo a innestarci nel sentiero.
Proseguiamo e ci troviamo su un promontorio ubicato fra il lago Calabazosa e il lago la Cueva (1590 m) e qui arriva un'altra botta: il sentiero ufficiale scende e fa tutto il giro di quest'ultimo, vuol dire un'ora secca in più... ma dalla "santa cartina" scopriamo che c'è un sentierino che prosegue tra i due laghi.. bingo! Con vista anche sul lago Cerveriz (1640 m) giungiamo infine a un cartello escursionistico, il primo dopo ore, e ci rincuoriamo un po', in lontananza scorgiamo anche due persone, le prime della giornata.
Nel frattempo però la situazione meteorologica è precipitata, è sempre più cupo e cade qualche goccia di pioggia.
C'innestiamo sulla vecchia pista delle ex miniere di ferro di Santa Rita (!) e risaliamo un ampio vallone erboso in direzione nord-ovest. Stiamo percorrendo la valle di Camayor, valle ricoperta da smeraldine praterie e piccoli laghetti, racchiusa a nord-est da L'Almagrera, Las Porzanas e Pena'l Lliñeiru e a sud-ovest dalla La Llàvana e La Fana Brava.
Dopo mezz'ora di cammino sempre nella stessa direzione, raggiungiamo la Llomba di Camayor, valico da dove s'innalzano le creste di Peña Llana, Cebolléu e il Picos Albos.
Poco dopo rispariscono le indicazioni, ma finalmente riusciamo a vedere la Valle del Lago, si tratta di capire da che parte scendere. Sulla sinistra orografica già diluvia e si sentono i primi brontolii.
Con Claudio intercettiamo un traccia di sentiero che aggirando la Pena La Braña scende lungo un canalone, i tuoni si avvicinano sempre di più.
Scendiamo a rotta di collo consapevoli che non è un buon luogo dove stare in caso di pioggia forte e temporali.
I fulmini baciano le creste alle nostre spalle. Capitomboliamo in mezzo alle vacche, gettiamo lontano i bastoncini e ci buttiamo dentro una capanna di sassi dove, dopo aver sentito una crepa vicinissima, ci raggiunge celermente anche Max.
Al riparo della capanna, un po' più rilassati ristudiamo la mappa e finalmente capiamo esattamente dove siamo. Secondo i nostri calcoli qui vicino dovrebbe cominciare una strada.
Il temporale se ne va, e l'apprensione con esso, usciamo allo scoperto ed ecco, dopo qualche casupola - le baite di Sobrepena - la bramata strada.
Scendiamo stancamente, sulle gambe abbiamo una ventina di chilometri, ne rimangono ancora quattro-cinque.
Prima di giungere sul fondovalle riesco anche a stanare due starne.
Dopo aver rischiato un'incornata da una vacca, finalmente giungiamo, non prima della rampa finale, a casa.
E finisce così una giornata che è sembrata lunga una vita...

Il tempo intanto correva, il suo battito silenzioso scandisce sempre più precipitoso la vita, non ci si può fermare neanche un attimo, neppure per un’occhiata indietro. ‘Ferma, ferma!’ si vorrebbe gridare, ma si capisce che è inutile. Tutto quanto fugge via, gli uomini, le stagioni, le nubi; e non serve aggrapparsi alle pietre, resistere in cima a qualche scoglio, le dita stanche si aprono, le braccia si afflosciano inerti, si è trascinati ancora nel fiume, che pare lento ma non si ferma mai.” (da "Il deserto dei tartari" di D. Buzzati)

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Dopo il massacro del lunedì, martedì lo dedichiamo al turismo automobilistico.
Con tutta calma valichiamo il Puertu di Somiedo e nei pressi de La Vega de Los Viejos (1240 m) imbocchiamo una strada che s'inoltra in un'angusta valle che conduce al grazioso abitato de La Cueta (1442 m). Usciti da questa valle ci dirigiamo verso l'altro parco naturale della zona, quello delle sorgenti del Narcea e dell'Ibias, area protetta per lo più ricoperta da boschi. Vorremmo recarci a una centro visita, ma ben presto ci accorgiamo che il posto è troppo lontano, così facciamo retromarcia. Lungo il tragitto avvistiamo un nido di cicogne con 2 piccoli e a bordo strada due nibbi reali.
Visto che la giornata è ancora lunga decidiamo di andare a dar un'occhiata alla valle del Pigüeña, dove c'è un impianto di alberi da frutto per l'orso. Sui versanti rocciosi in sinistra orografica avvistiamo i sempre presenti camosci.
Concludiamo la giornata sbinocolando lungo la strada che porta a Valle de Lago

La Cueta
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Cicogne
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sabato 26 maggio 2012

26/05/2012 Sbinocolata serale alle Braña de Mumian: e orso fu!

Risaliamo la valle che da Pola de Somiedo porta al Puerto de Somiedo e lasciamo l'auto in un piccolo parcheggio sotto l'abitato di El Llamardal.
Carichi come muli cominciamo a salire lungo la strada che porta al paese; nei pressi di una cascina un signore ci chiede subito se siamo qui per l'orso - "Claro che sì!" - e ci dice, tranquillamente e senza astio, che è stato visto recentemente in zona.
Prendiamo un sentiero che s'inoltra in una fitta e giovane faggeta; poco dopo usciamo allo scoperto sui pascoli tappezzati di gialle ginestre che tagliano il versante occidentale della Pena de Gùa. Lungo la via troviamo una sospetta fatta d'orso.
Giungiamo così alle Braña di Mumián: costruzioni in pietra con tetto di rami di ginestre usate il passato per conservare il latte a bassa temperatura.
Godiamo di un bellissima vista su El Mocosu e sulla Sierra’l Páramu situate di fronte a noi, sull'altro lato della valle del rio Somiedo.
Proseguiamo un poco, poi ci appostiamo sopra le capanne e cominciamo a sbinocolare verso la Pena de Gùa: è pieno di camosci. Questa sotto specie è diversa dalla nostra, è simile a quella appenninica, ha il manto più chiaro e le corna più lunghe.
Siamo bardati di tutto punto perché fa freddo e spira un vento fastidioso. In cielo si alzano in volo alcuni grifoni, qui molto numerosi.
Dopo un po' mi alzo per sgranchire le gambe e cambio meta di sbinocolamento.
Ore 20:39. Sto osservando un canalone che scende da La Gata quando vedo una strana ombra scura aggirarsi ai piedi di un faggeta per poi sparire.
E' LUI, ma non ne sono certa al 100%. Chiamo a rapporto i miei due compagni di avventura.
Tutti e tre fissiamo quel punto, la nostra speranza è che prima o poi sbuchi più in alto, sopra la vegetazione.
Tratteniamo il respiro e poi "Eccolo!". Che "suerte"! E' molto scuro, con due macchie chiare sulla groppa, risale un ghiaione, poi lo attraversa e si butta dentro un'altra faggeta più grande.
Aspettiamo un po', ma l'orso non si fa più vivo, fa sempre più freddo e sono quasi le 21:30, ma c'è una luce pazzesca, ah le infinite giornate spagnole! Ci carichiamo sulle spalle l'attrezzatura e cominciamo a scendere, poco sotto le capanne Claudio rintercetta l'orso.
Ci fermiamo di scatto. Si sta aggirando fra la brughiera di erica e ginestre, giusto il tempo di vedere una macchia nera sparire dietro a un cespuglio per non apparire più.
Con addosso una carica inaudita e consapevoli di aver avuto una fortuna immensa ritorniamo all'auto sorridendo all'idea di cosa avevamo letto prima di partire per questa spedizione in terra ispanica: "la posibilidad de ver osos en libertad en nuestras montañas cantábricas es prácticamente nula". Tiè!


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Domenica, per far riposare il mio piede in previsione della mega escursione del lunedì, decidiamo di andare a fare un giro in auto.
La mattina andiamo ad esplorare una graziosa e sperduta valletta sopra Pola de Somiedo, attraversiamo gli abitati di Aguinu (834 m) e Perlunes dove avvistiamo un grosso grifone.
Poi ci spostiamo verso est e, dopo aver valicato il passo di San Lorenzo e lottato con un (finto) bao della m., andiamo a Proaza a far visita ad un altro centro sull'orso.
Sulla via del ritorno decidiamo di andare a sbinocolare nella valle di Saliencia, la risaliamo fino al passo di Alto la Farrapona o Collada de Balbarán, nei pressi del quale ci fermiamo a sbinocolare.
Il bottino di oggi è costituito da numerosi camosci, tre cerve e tre caprioli avvistati lungo la strada.

Alto de la Farrapona
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contica

venerdì 25 maggio 2012

25/05/2012 - 01/06/2012 Spedizione sui Monti Cantabrici (Asturia - Spagna)

Sono qui a parlare di una vacanza nata quasi per caso.
Con Claudio e Max da mesi ci eravamo documentati e organizzati per andare ad esplorare gli Alti Tatra in Slovacchia, bene.. un mese prima di partire scopriamo che tutti i sentieri e le zone che vorremmo percorrere sono chiusi per motivi protezionistici fino al 15/06: " Yes. Until 15.6." ci ha risposto Dusan, uno del parco... porc..!
In men che non si dica è maturata l'idea di andare sui Monti Cantabrici in Spagna, meta che già aleggiava nei progetti futuri di Max, inizia così una nuova ricerca su internet.. gli orsi ci sono, l'aereo c'è, l'appartamento c'è.. destinazione Parco Naturale di Somiedo, nelle Asturie.
Atterriamo sull'oceano a Santander, prendiamo un auto a noleggio e a notte inoltrata giungiamo nel suggestivo Appartamento La Pinietsa a L'Auterio, Valle de Lago.

Due parole sul parco.

Il Parco Naturale di Somiedo è ubicato nella Cordigliera Cantabrica e copre uno spazio di quasi 30.000 ettari. E' una delle aree protette più importanti e meglio conservate delle Asturie ed è stato dichiarato parco nel 1988, mentre nel 2000 è stato proclamato Riserva della biosfera dall'UNESCO.
Occupa il territorio di quattro grandi vallate che corrispondono ai quattro grandi fiumi: Somiedo, Pigüeña, Valle e Saliencia.
Dal punto di vista geologico è formato da un'alternanza di formazioni silicee (scisti, arenaria e quarzite) e di formazioni carbonatiche (calcari e dolomie).
E' un parco per lo più montuoso in quanto la maggior parte della sua superficie è occupata dal piano montano (dai 400-500 m ai 1600 m). Nel piano inferiore la fanno da padroni i boschi di latifoglie (faggi, betulle, ontani e querce) e i prati da sfalcio; il resto è coperto da formazioni erbacee e arbusti che stanno ricolonizzando i vecchi pascoli. Il piano alpino è il regno delle rocce e dei ghiaioni.
Sul territorio si può leggere palesemente la mano dell'uomo in quanto l'ambiente è stato profondamente modificato per renderlo idoneo al pascolo del bestiame. Infatti qui, oltre al turismo che si sta sviluppando negli ultimi anni, l'economia è basata per lo più sull'agricoltura di montagna e sul bestiame. Il parco è nato anche per proteggere un importante e unico elemento del patrimonio etnografico asturiano: le "cabanas de teito", edifici in pietra con tetto fatto da vegetali risalenti alle culture pre-romane, dove i pastori trascorrevano la primavera e l'estate con le loro mandrie.
La fauna è condizionata da tre elementi. Il terreno accidentato e l'alta quota hanno favorito la presenza di diverse specie tra cui il camoscio, l'aquila reale, l'ermellino, il sordone, il verdone, il merlo dal collare, l'arvicola delle nevi, la starna, il tritone alpino, il ramarro, ecc.
La presenza di zona boscate ha invece favorito la diffusione di numerose specie forestali tra cui il capriolo, il cervo, lo scoiattolo, la martora, il ghiro, la genetta, il gatto selvatico, l'arvicola rossa, il cinghiale, ecc.
A causa della limitata presenza umana e della difficoltà di accesso a molte aree, Somiedo è un rifugio per alcune specie simbolo ovvero gli orsi bruni, i lupi e i galli cedroni. Ed è questo il principale motivo per cui abbiamo scelto questa meta.

Comincia l'avventura.

Dopo lo stravolgimento del viaggio e il mio stupido infortunio al piede (ore 8 "Daverzi le finestre..aaahhh vago for a far foto..", corsa in ciabatte nel cortile e stuck su un sasso), il primo giorno optiamo per una giretto nel piccolo abitato di Pola de Somiedo (680 m) e una visita al Centro Visita del Parco e alla Casa de l'Oso della Fundación Oso Pardo. Nel tardo pomeriggio andiamo a fare un giretto pro-fauna.

Dalla finestra di casa verso El Castiellu
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Peral
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Puertu di Somiedo
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giovedì 24 maggio 2012

Ola...

... visto il nostrano "clima bellico" ce ne andiamo a trovare i fratelli Cantabrici....

hasta pronto!