sabato 28 luglio 2012

28/07/2012 Con Goccia (e gocce!) su Cima Trenta (Maddalene)

Accantonati progetti più impegnativi per via della solita maledizione meteo del weekend, con Claudio ed Elisa, si decide di andare nelle Maddalene e di conquistare, tempo permettendo, Cima Trenta o Welsherberg, denominata monte dai due nomi. Il nome italiano deriva da una sottostante vecchia malga di Trent, quello tedesco proviene dal fatto che la montagna si trova sul confine col Trentino e quindi con gli italiani ("welsch" nel dialetto tirolese).
All'alba percorriamo la selvaggia e lunga Val di Bresimo e giungiamo alla malga Bordolona di Sotto (1806 m) dove lasciamo l'auto.
Il cielo sopra le nostre teste è terso, per ora le nubi si sono incagliate a sud.
Una bellissima cagnolina, Goccia, già da subito ci prende in simpatia e infatti ci seguirà per tutta la giornata.
Prendiamo il sentiero con segnavia 112 che, dopo un'iniziale incertezza, sale i pascoli in direzione nord. Oltrepassiamo i ruderi della ex Malga Scalet di Sopra dove una mandria di mucche comincia a puntarci.
Lo sguardo è attratto dalle cime che costellano la val di Bresimo: da ovest la dorsale Cima Zoccolo - Castel Pagano, Cima Tuatti, Cima del Lago, la nostra Cima Trenta e a nord est Cima Binasia e il Monte Pin.
Superiamo il bivio con il sentiero Aldo Bonacossa, il 133, e saliamo verso il Passo di Val di Clapa/Klapfbergjoch, valle percorsa qualche mese fa con le ciaspole.
Qui abbandoniamo il sentiero ufficiale, che perde quasi 170 metri, e tagliamo in quota per brulle praterie e pietraie fino a congiungerci con il sentiero 12 e di lì a poco siamo alla malga Hinter die Mader (2323 m) dove facciamo una breve pausa.
Nel frattempo il cielo si è coperto, e proprio dietro cima Trenta e Mattonara cominciano a formarsi cumuli... nonostante siano appena le 10 di mattina.
Saliamo di buona lena fino al valico (2502 m) che separa Cima Trenta da cima Mattonara: la vista s'apre d'incanto sull'idilliaca valle di Montechiesa e sullo sfondo si stagliano i monti della val d'Ultimo; ad ovest occhieggiano i bellissimi Laghi di Alplaner ad est dei piccoli laghetti senza nome.
Il tempo è sempre più incerto, cade qualche goccia, decidiamo comunque di salire in cima, mancano solo 100 metri circa e il rientro da lassù è più corto.
Saliamo su ripida cresta fino a uno sbalzo dove bisogna usare le mani, qui ci diamo da fare per aiutare la nostra affettuosa amica a quattro zampe.
Un tratto di cresta e eccoci su cima Trenta (2636 m), non c'è croce, solo una scritta sulla roccia.
Brontolii lontani. Non facciamo nemmeno la foto di vetta e cominciamo a scendere velocemente per la facile dorsale sud - sud ovest, in caso di temporale meglio evitare di stare allo scoperto.
Raggiungiamo il passo Alplaner (2424 m). Inizia a piovere, prima leggermente, poi sempre più forte. Indossiamo la ventina e cominciamo a discendere lungo la val del Vento seguendo il sentiero 136.

Camminiamo, quasi corriamo, sotto l'acqua.
Echeggiano i tuoni: non sono vicini, ma nemmeno troppo lontani per stare tranquilli.
Sono calate le tenebre e non è nemmeno mezzogiorno, le cime ci circondano scure e truci, ammantate dalle nubi. Mi sento di troppo in questo ambiente ostile.

Siamo forse nelle lande desolate di Mordor? Da un momento all'altro mi aspetto di vedere bande di orchetti!
Non è forse il Morannon, il Nero Cancello, quello laggiù?

Rumore di pioggia, eco di passi, strusciare di mantelle, scrosciare di rivi, brontolii.

Ci accorgiamo che il sentiero fa un giro un po' troppo ampio e vista l'urgenza cominciamo a tagliare giù per un vallone.
Con i piedi ormai in ammollo capitomboliamo sul sentiero 112.
Smette di piovere e il cielo comincia a riaprirsi, giungiamo così alla malga Bordolona di Sopra (2084 m).
Qui prendiamo il sentiero che taglia la strada forestale e poco sopra malga Bordolona di Sotto ci fermiamo a pranzare.
Sfiniti dalla corsa e dallo stress psicologico causato dal temporale ci lasciamo riscaldare e asciugare dai caldi raggi del sole.

Le ultime coccole a Goccia che c'ha fatto un po' da guida, un po' da angelo custode, una birretta in malga e poi via verso a casa.

Il sole splende e tutto ha ripreso colore.


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venerdì 27 luglio 2012

27/07/2012 Visita guida al caposaldo austriaco del Nagià Grom (Mori)

Dopo secoli, o meglio ere, finalmente riesco a incontrarmi con gli amici "sudroni" Evelyn e Giordano.
Anziché andare a espugnare castelli come ai bei vecchi tempi scegliamo di andare a visitare il caposaldo austriaco del monte Nagià-Grom, sopra Mori, dove Evelyn fa da guida alle scolaresche.
Ci inerpichiamo lungo la Val di Gresta, antica linea di confine, e lasciamo l'auto poco sopra l'abitato di Manzano, nei pressi del pannello informativo del Nagià Grom.

La costruzione di questo caposaldo è iniziata nella primavera del 1915 e venne fortificato come parte integrante della difesa del territorio di Riva del Garda e la Vallagarina. Questo costituiva un complesso articolato e sulla sommità venne scavata una trincea perimetrale che garantiva una difesa a 360°.
All'interno vi erano camminamenti che assicuravano un collegamento tra il cuore della fortezza (baraccamenti per l'alloggio ufficiali e truppe, magazzini, cisterna da campo e cucina) e le trincee, le postazione artiglierie e gli osservatori.
Il recupero di trincee, postazioni e manufatti è stato fatto grazie all'opera del Gruppo Alpini di Mori.

Saliamo per una mulattiera e raggiungiamo la località Busa delle Anime dove ci sono i resti di una cisterna d'acqua, e dentro questa troviamo una sorpresa: 2 viperozze, di cui una evidentemente appesantita da un recente pasto. Nei pressi della cisterna c'è anche uno dei numerosi depositi scavati in roccia e utilizzati per stipare materiale, viveri e munizioni. Proseguiamo poi all'interno di una trincea che si apre in direzione sud permettendo la vista sulle pendici del Monte Baldo - dove correvano le linee italiane - e sulla parte settentrionale del Lago di Garda.
C'imbattiamo in una Croce austriaca; poco oltre c'è un'altra croce che ricorda la morte di tre bambini dovuta allo scoppio di residuati bellici, come tristemente noto le conseguenze della guerra si protraggono ben oltre la sua fine "ufficiale".
In breve giungiamo alle cucine, magistralmente recuperate dagli alpini di Mori, e lì vicino entriamo in due grandi caverne all'interno delle quali erano state realizzate delle baracche di legno per l'alloggio dei soldati.
Rientriamo in trincea e dopo aver superato alcune piazzole per artiglieria di piccolo e medio calibro, giungiamo ad una fuciliera.
Attraverso dei camminamenti ci spostiamo verso est e raggiungiamo un'altra fuciliera che è stata coperta con del legname come testimoniava una foto d'epoca.
Facciamo una piccola pausa e poi raggiungiamo un osservatorio posto su due livelli dal quale la vista spazia sul Pasubio, sullo Zugna, sull'altopiano di Brentonico e i paesi di Marco, Mori e Sano.
Ritorniamo in trincea ed entriamo in una cannoniera all'interno della quale è leggibile una targa con il nome "Lewandoski". Ci spostiamo poi sul lato nord e giungiamo ad una croce realizzata con travi di ferro recuperate in valle.
Un ultimo camminamento ci porta sulla cima del monte dove ci sono i resti di un osservatorio d'artiglieria in cemento armato: da qui la vista spazia dal Pasubio all'Adamello.
Ci fermiamo poi alla casetta dell'ANA dove Evelyn ci mostra reperti ritrovati nel caposaldo.. cocci di stoviglie, gavette, proiettili ecc. Nei pressi della baita la terra è martoriata qua e là da numerosi crateri testimonianza dei bombardamenti.
Dopo esserci ristorati ritorniamo alla cisterna e da qui al parcheggio.
Giunti all'auto l'istinto "castellano" non ci abbandona quindi decidiamo di andare a Pannone e visitare i ruderi di Castello di Gresta e così termina il nostro breve ma intenso pomeriggio... con l'ultima marcia dei (defici)ent!!!!


Al parcheggio
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Trincee
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Cucine
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Fratelli d'arroganza
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Targa
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Croce su Manzano
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Osservatorio
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Reperti
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mercoledì 25 luglio 2012

22/07/2012 Fischia il vento sulla Hochwart/Guardia Alta (Gruppo di Tessa - Val Pusteria)

Indecisi su dove recarci apriamo uno dei tanti tomi escursionisti sull'Alto Adige che abbiamo in libreria e tac: Hoch wart, bella e panoramica cima con laghetto annesso. Deciso.

Risaliamo la val Passiria e, dopo un'imprevista deviazione a Scena, giungiamo a Rifiano dove prendiamo per Vernuer. La strada pare non finire mai, ma dopo tot finalmente giungiamo ai masi Öberst (1387 m) dove parcheggiamo l'auto.
Smontiamo dall'auto e subito siamo investiti da micidiali e fredde folate di vento.
C'intabarriamo e partiamo seguendo il segnavia 5.
Percorriamo una strada forestale che prosegue quasi in piano nel bosco e giungiamo al solco vallivo della Saltauser Tal, dove il sentiero comincia a inerpicarsi di brutto. Alle nostre spalle si dispiegano i Monti Sarentini.
Superiamo l'Untere Obisell-Alm (1997 m) e un ultimo strappetto ci porta nei pressi della malga Obere Obisell-Alm (2160 m) e dell'omonimo lago.
Dopo una breve sosta cominciamo a risalire per pendii erbosi e pietraie verso la nostra meta.
Giungiamo infine sui 2452 metri della Hoch wart/Guardia Alta con grandioso panorama su Merano, sulla bella val Sopranes e sulla val Venosta dove sta piovendo; sui tremila di confine invece sta nevicando.
Il vento ci sprona ben presto a ritornare a valle, percorriamo la bella cresta erbosa e poi scendiamo lungo il sentiero seguendo gli ometti. Dal cielo cade qualche fiocco di neve portato dal vento.
Costeggiamo la riva orientale dell'Obisell see; io mi fermo a far qualche foto a degli eriofori con lo sguardo magnetizzato dalla piramide dell'Ifinger che si staglia sullo sfondo.
Giunti alla malga decidiamo di mangiar qualcosa di caldo e dopo aver scartato l'idea di pranzare all'aperto, ci rintaniamo all'interno.
Dopo un sontuoso pranzo prendiamo la via del ritorno. Nei pressi dell'Untere Obisell-Alm seguiamo il sentiero 21 che taglia il versante nord orientale della Hoch wart e, dopo un simpatico incontro con alcune curiose caprette, giungiamo alla Hahnenkamm alm (2041 m).
Un'ultima sosta e poi in marcia; a circa 1950 metri prendiamo il sentiero 21 A e in men che non si dica ritorniamo al punto di partenza.
Ennesima proficua spedizione altoatesina.

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martedì 24 luglio 2012

07/07/2012 Alla scoperta di Malga Sporminore (Brenta)

Oggi l'idea era quella di andare in Sudtirol, sul Grande Ladro, ma viste alcune defezioni decidiamo di stare vicino a casa e quindi - io, Claudio e Max - ci dirigiamo verso la val di Non.

Lasciamo l'auto poco sopra il campo sportivo di Sporminore e imbocchiamo il sentiero 360: sin da principio la pendenza non da tregua e non la darà fino alla nostra meta.
Saliamo imperterriti attraversando un rigoglioso bosco di faggi inframmezzato da abeti bianchi. Fa molto caldo, l'aria è satura di umidità e lembi di nebbia strisciano tra le selve.
Ad un certo punto un rumore attira la nostra attenzione, sono due camosci, madre e figlio, che vedendoci fuggono via di gran lena.
Man a mano che saliamo prende spazio il lariceto con il suo sottobosco ricco di felci e rododendri, la nostra avanzata fa involare qualche femmina di forcello.
Nei pressi della località Trappola cominciamo finalmente a vedere il versante destro della Val Goslada, respiriamo a pieni polmoni e facciamo il pieno di emozioni. Su questi versanti avvistiamo diversi camosci e un capriolo.
Il sentiero ora spiana e s'insinua in una mugheta, la vista si apre sulla testata della valle che però è per lo più coperta da nubi.
A bordo sentiero vi sono numerosi gigli color cremesi e sui prati sottostanti pascolano altri camosci.
Superiamo il Croz della Malga e giungiamo alla malga Sporminore o Sporata (1931 m), dove comodamente seduti pranziamo.

Una brezza fastidiosa ci incita a partire, così imbocchiamo il sentiero 361 che sale spedito verso un piccolo passo. Durante la salita alzo lo sguardo e oltre il valico vedo sbucare una croce, accelero l'andatura ed ecco che mi trovo davanti il profilo familiare di cima Borcola.
Stiamo percorrendo il Sinter de le Pegore che attraversa la bucolica alpe Vedretti; i prati che ci circondano sono impreziositi da numerose negritelle. Contempliamo il panorama e cominciamo a scendere lungo un lariceto, sarebbe il posto ideale per vedere nostro fratello, ma la "suerte" l'abbiamo lasciata in Spagna.
Il sentiero ora lambisce la sinistra orografica della selvaggia val Cobel, in alcuni punti taglia la roccia e c'è qualche cordino. Su queste pareti, per mia immensa gioia, ci imbattiamo in qualche raponzolo di roccia.
Proseguiamo estasiati e beati nella nostra solitudine.

"C'è una gioia nei boschi inesplorati, C'è un'estasi sulla spiaggia solitaria, C'è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c'è musica nel suo boato. Io non amo l'uomo di meno, ma la Natura di più." (George Gordon Byron)

Giriamo dietro la dorsale e, dopo una breve pausa, scendiamo verso uno spiazzo dove inizia la strada forestale. La magia respirata fino a pochi attimi prima svanisce di colpo: s'odono echi di voci e rombi di motore.
Incontriamo di lì a poco due fuoristrada, proseguiamo su strada e poi, per evitare l'ennesima jeep (avranno tutti avuto il permesso? Mah...), decidiamo di tagliare nel bosco e giungiamo in località La Pellegrina.
Qui inizia una massacrante discesa per vecchi tratturi ripidissimi e invasi da foglie secche, ci lanciamo verso il basso praticamente di corsa e in poco tempo giungiamo sulla forestale e al parcheggio, consapevoli anche oggi di aver toccato la vera anima del Brenta.


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lunedì 23 luglio 2012

01/07/2012 Alla scoperta della val Racines: salita alla cima La Bianca/Ratschinger Weisse

In 28 satini partiamo alla volta della Val Racines/Ratschingstal, la graziosa valletta che da Vipiteno s'inoltra fino a Vallettina/Flading (1482 m)
Parcheggiamo alla testata della valle e siamo pronti a partire. Il cielo è terso e fa molto caldo.
Attraversiamo il rio Ratschingsbach e imbocchiamo il sentiero 30 che, dopo un inizio dolce, comincia a salire ripido, ma fortunatamente siamo all'ombra di una fitta peccetta.
Oltrepassiamo il limite del bosco e ci ritroviamo su un'immensa e verde alpe puntellata qua e là da rododendri.
Ben presto giungiamo ad una baita (1924 m) dove facciamo una pausa e ci rinfreschiamo in una piccola fontana.
Il sentiero, dopo aver attraversato una radura, s'impenna ulteriormente e risale le pendici sud occidentali dello Schönauer berg. Nei pressi di una bella cascata ci rinfreschiamo ulteriormente.
Proseguiamo poi con pendenza più dolce; l'alpe è costellata da piccole torbiere e da greggi inquieti di pecore. Incontriamo anche i primi nevai.
Risaliamo alla Ratschinger Scharte (2480 m) e la vista si apre sulla val Ridanna/Ridnauntal, meta di future gite.
Dal valico risaliamo attraversando radure, rocce montonate, nevai e piccoli specchi d'acqua e giungiamo all'attacco della nostra cima.
A precipizio sotto di noi si apre una profonda valle coronata dall'ardita Zirmaidspitz, sullo sfondo si dispiega la cresta che unisce la Piccola di Monte Croce con la Grande.
Il sentiero s'impenna alla grande, in alcuni punti è un po' esposto, ci sarebbe anche un cordino ma è mezzo divelto. Superatolo eccoci in cima ai 2822 metri de La Bianca/Ratschinger Weisse.

Stiamo in cima un bel po', ma ben presto il cielo si ricopre di nubi ed è ora di rientrare. Scendiamo con attenzione la parte scabrosa e nei pressi di uno dei piccoli laghetti prendiamo il sentiero 31 che corre a destra su dorsali erbose. Un ultimo sguardo sui laghi Glecksee e caliamo sempre più, nei pressi di una radura ci fermiamo per una breve pausa.
Un aquila solca il cielo.
Riprendiamo poi il cammino, riattraversiamo le cascate, la malga e in breve eccoci al pullman, un'ultima birretta e poi tutti a casa, soddisfatti della bella gita!

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